IL LASCITO DI CORELLI

 La figura di Francesco Geminiani (1687-1762), violinista e compositore italiano di indubbio successo ai suoi tempi, è rimasta a lungo trascurata dalla musicologia: ricorda Enrico Careri in un esteso articolo pubblicato per la prima volta nel 1988 che prima di lui solo Adolfo Betti nel 1934 aveva compiuto estese ricerche.[1] 

Il compositore, nato a Lucca, era figlio di un bravo violinista da cui apprese i rudimenti dell’arte di suonare il violino e con cui si trasferì a Roma: nel 1711 divenne primo violino e direttore dell’orchestra del teatro dell’Opera di Napoli, il San Bartolomeo, pur se per poco tempo. Nel 1714 decise di seguire le orme di Georg Friedrich Händel e cercare la sua strada fuori dall’Italia, a Londra, dove le sue brillanti esecuzioni al violino lo fecero entrare tra i protetti del barone Kielmansegg, ciambellano di re Giorgio I, elettore di Hannover e re di Gran Bretagna e Irlanda proprio da quell’anno. 

 A Londra Geminiani trova una realtà del tutto diversa da quella italiana. Il livello tecnico raggiunto dal violino è molto inferiore e non è difficile per un allievo di Corelli (o che si spaccia come tale) farsi strada come virtuoso. Un situazione tanto favorevole da convincerlo a farne la propria dimora.[2]

La sua prima pubblicazione furono le 12 Sonate per violino, violone e cembalo, Op. 1, incise in lastra da Thomas Cross nel 1716 e dedicate al Barone Johann Adolf von Kielmansegg che morirà l’anno successivo dopo aver organizzato a sue spese il concerto sul Tamigi con musiche di Händel, i cui brani sono rimasti celebri come Watermusic. Negli anni successivi Geminiani si fece apprezzare negli ambienti musicali della città con esecuzioni di grande efficacia di suoi brani che solo molti anni dopo troveranno forma compiuta nelle due raccolte di concerti grossi Op.2 e Op.3, pubblicate nel 1732 e 1733 e precedute dalla pubblicazione degli arrangiamenti in forma di concerto grosso delle 12 sonate Op.5 di Arcangelo Corelli (1653-1713) in due raccolte tra il 1726 e 1727.

Sono molte le ragioni di questa scelta. Prima di tutto Corelli era diventato un mito: la sua raccolta Op.5, pubblicata per la prima volta nel 1700 a Roma, in una bellissima edizione, fu replicata da John Walsh a Londra nello stesso anno e ripubblicata per tutto il XVIII secolo, arricchendosi progressivamente di immagini, tra cui il ritratto del compositore. Sappiamo che Geminiani era stato allievo di Alessandro Scarlatti, Ambrogio Lonati e Corelli appunto, a quanto disse a Burney, anche se del periodo romano non vi sono tracce in nessuno dei registri delle esecuzioni pubbliche e private tra il 1705 e il 1707[3] e la scelta di legare il suo nome ad una celebrità era una scelta di marketing piuttosto attenta.

A sostegno di questa iniziativa, ci fu la loggia massonica Philomusicae et Architecturae Societas, fondata da Geminiani ed altri nel 1725 che promosse la sottoscrizione per la pubblicazione: i concerti furono dedicati alla “Sacra Maestà di Giorgio, Re della Gran Bretagna, Francia ed Ibernia” e tra i sottoscrittori i personaggi più in vista della nobilità inglese. Molte furono le ristampe.[4]

Da un punto di vista generale, se oggi preferiamo pubblicare il testo di un brano di musica nella sua versione il più possibile vicina alla fonte originale manoscritta o a stampa realizzata sotto la supervisione dell’autore (urtext), allora ‘il lascito’ di Corelli era anche il modo con cui i vari interpreti eseguivano i brani del compositore di Fusignano – e riportavano su carta l’esecuzione: quali abbellimenti e in che punto, quali inflessioni di tempo, quali colori erano quelli che veramente Corelli avrebbe usato e adoperato? Esemplare in questo senso l’edizione del 1723 pubblicata da Jeanne Roger ad Amsterdam che riporta oltre al basso continuo un rigo con la versione del testo pubblicato nel 1700 e un rigo con lo stesso testo con “les agréements des Adagios de cet ouvrage composes par M°A. Corelli come il les joue”.

Infine, stampare partiture prevedeva dei costi per ogni copia e un costo fisso - la realizzazione delle lastre - che era giustificato da un certo numero di sottoscrittori, benefattori e  musicisti che acquistavano le parti pronte da mettere sul leggio per essere eseguite dall’orchestra di corte o in un concerto pubblico: prima di riuscire a investire così tanto nella propria opera da poter pubblicare i suoi concerti occorsero a Geminiani molti anni di lavoro sulla propria fama, mentre l’utilizzo di un nome come quello di Corelli era garanzia di successo commerciale.

Inoltre, se è vero che oggi l’originalità di un’opera d’arte è una condizione sine qua non per il suo valore estetico[5], è pur vero che nel XVIII secolo abbiamo molte testimonianze di operazioni simili, anche da autori come J.S. Bach – che dapprima trascrive al cembalo le opere più celebri di molti compositori tra cui Vivaldi e che nel 1740 parodia lo Stabat Mater di Pergolesi in cantata luterana - o Mozart che ‘rimoderna’ il Messiah di Handel nel 1789 o Avison con le sonate di Domenico Scarlatti, veri e propri ectipi musicali. La ripresa e la ‘rimessa a modello’ o ‘parafrasi’ come definì Francesco Veracini i lavori di Geminiani, rappresentarono inoltre per il compositore e violinista una occasione per ampliare la propria fama eseguendo quei brani di fronte a un pubblico più ampio di una ristretta cerchia di nobili raccolti un piccolo salotto. Le critiche, tuttavia, non mancarono: qualche anno dopo Sgranfione Miniacci (anagramma del compositore lucchese) fu preso di mira da Veracini e annoverato tra i rifriggitori di musica.

Geminiani, tuttavia, non solo amplia la forza del testo originale alternando soli e tutti, ma definisce meglio il ruolo espressivo del violino primo concertino, trasportando l’intimità cameristica di Corelli all’interno dello stile solistico di Vivaldi, compositore che negli stessi anni, tra il 1711 e il 1729 aveva reso omaggio al genere del concerto solista con dieci raccolte, tutte pubblicate ad Amsterdam e tutte di grande successo. L’intenzione di rifarsi al concerto in tre movimenti è abbastanza evidente dall’eliminazione dei doppi Allegri finali delle sonate di Corelli.[6]

In conclusione, se su queste trascrizioni, scrisse Burney “Geminiani, with all his harmonical abilities, was so circumscribed in his invention, that he was obliged to have recourse to all the arts of musical cookery, not to call it quackery, for materials to publish” lasciando ai posteri un giudizio non certo lusinghiero e che pesò a lungo sulla fama del compositore, non possiamo certo dire che si tratta di brani privi di valore.

          I Concerti grossi Op.VII di Geminiani nascono invece molti anni dopo, nel 1746 e sono dedicati all’Accademy of Ancient Musick. A giudicare dall’assenza di ristampe, il loro successo fu minore: il gusto musicale dei suoi contemporanei era mutato e anche l’adorazione degli inglesi per l’opera in lingua italiana era diminuito.

In essi, Geminiani ha ampliato l’organico del concertino al quartetto - due violini, viola e cello - e in questa raccolta propone come alternativi agli archi i fiati, due flauti traversieri e fagotto. Nell’ultimo movimento è presente anche un omaggio alle danza popolare irlandesi.  Questa edizione fu anch’essa pubblicata a spese del compositore.

Nel 1750 Geminiani arrivò a Parigi: l’8 dicembre del 1750 venne eseguito presso i Concerts Spirituels, i primi concerti pubblici nati nel 1725 e terminati con la Rivoluzione francese, “una Sonata dell’Op.5 di Corelli, trasformata in concerto grosso da Geminiani”, come riporta il Mercure de France nell’edizione del mese successivo.

Nonostante i suoi viaggi in Europa e il tentativo di proporsi come teorico, pubblicando opere come The Art of Playing on the Violin, la Guida Armonica, Rules for Playing in a True Taste, l’astro del compositore era destinato al tramonto: la sua ultima opera musicale fu la revisione in forma di concerto di The Enchanted Forest, spettacolo di pantomima con musica di scena rappresentato per la prima volta al Théâtre des Tuileries il 31 marzo 1754. Il compositore ritornò a Londra e dopo pochi anni si stabilì in Irlanda, a Coothhill come maestro di musica del futuro conte di Bellomont, Charles Coote.

Nell’annuncio della morte del compositore, nel 1762, fu detto che egli aveva compiuto 96 anni, generando l’equivoco sulla sua vera data di nascita risolto solo nel 1934, consultando gli archivi delle parrocchia di San Martino a Lucca.

Luca Vonella


 

IL LASCITO DI CORELLI

Francesco Geminiani (1687-1762)
Concerto n.4 Op.7 in Re minore H.118 (1746) *

Andante; Andante-Adagio; Allegro-Adagio-Allegro

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dalle Sonate Op. V di Arcangelo Corelli (1653-1713)

 Concerto n.10 in Fa maggiore H.141

Preludio (Adagio); Allemande (Allegro); Sarabande (Largo); Gavotta (Allegro); Giga (Allegro)

 Concerto n.3 in Do maggiore H.134

Adagio; Allegro-Adagio; Adagio; [Allegro-Adagio°]; Allegro

  Concerto n.5 in Sol minore H.136

Adagio; Vivace-Adagio; Adagio; [Vivace°]; Allegro

 Concerto n.1 in Re maggiore H.132

Grave-Allegro-Adagio-Grave-Allegro-Adagio; Allegro-Adagio; [Allegro°]; Largo; Allegro

Concerto n. 12 in Re minore ‘La follia’ H.143

Adagio (Thema); Variatio I, Variatio II (Allegro); Variatio III; Variatio IV; Variatio V; Variatio VI; Variatio VII; Variatio VIII (Adagio); Variatio IX (Allegro); Variatio X (Allegro); Variatio XI (Andante); Variatio XII (Allegro); Variatio XIII; Variatio XIV (Adagio); Variatio XV; Variatio XVI (Allegro); Variatio XVII; Variatio XVIII; Variatio XIX (Adagio); Variatio XX (Allegro); Variatio XXI; Variatio XXII; Variatio XIII

 

  ENSEMBLE GLI ADRIARMONICI

Violino I concertino e concertazione: Enrico Mazzuca

 Violino II concertino: Valentina Ghirardani

Violoncello: David Dell’Oro - Contrabbasso: Giuseppe Barbareschi

Basso continuo: Adriana Armaroli - Liuto: Carlo Cresci

 ENSEMBLE HORNPIPE

*Flauti: Clarice Zdanski, Alessandra Bombelli - Fagotto: Dominika Szoke*

Violini di ripieno: Ernesta Gandini, Flavia Ubaldi - Viola: Luca Vonella

 °movimenti ricostruiti da E. Mazzuca a partire dagli originali dell’Op.V di A. Corelli

[1] E.Careri Per una biografia di Francesco Geminiani. Rivista Italiana di Musicologia, Vol.23 (1988), pp. 200-241

[2] Idem, p. 205

[3] Careri, p.204

[4] Ibidem, p.210

[5] Careri, A controversial musician. Tesi, Liverpool University (1990) p.212

[6] Peraltro, occorre dire che negli stessi anni, anche Giovanni Platti (1697-1763) fece una simile operazione, con gli stessi brani di Corelli ma senza cercare il consenso di un largo pubblico ma il plauso del suo mecenate, il principe vescovo J.P.F. von Schönborn.