DOMENICA 13 APRILE 2025, ore 20.30

Basilica di S. Calimero, Milano.

INGRESSO LIBERO

ENRICO MAZZUCA, violino e concertazione

GLI ADRIARMONICI, ENSEMBLE HORNPIPE

VERACINI E GEMINIANI

Francesco Xaverio Geminiani (Lucca, 5 dicembre 1687 – Dublino, 17 settembre 1762) e Francesco Maria Veracini (Firenze, 1º febbraio 1690 – Pisa, 31 ottobre 1768) sbarcarono entrambi a Londra, nel 1714.  

La fama di Corelli e del virtuosismo violinistico italiano li aveva preceduti, dopo la pubblicazione delle sue opere e in particolare della Sonate Op.5, e da pochi anni l’opera italiana era arrivata sui palcoscenici londinesi con G. Bononcini e G.F. Händel, il quale usava eseguire brani strumentali esibendosi come solisti negli intervalli tra un atto e l’altro. Entrambi, dunque, si arrogavano il merito di aver studiato in Italia e con Corelli stesso.

Se abbiamo poche tracce delle esibizioni al violini di Geminiani, restano invece memorabili quelle di Veracini: la sua prima esibizione come solista avvenne il 23 gennaio 1714 al King’s Theatre e continuò fino al 24 dicembre. Il 24 aprile suonò all’Hickford’s Long Room; l’esecuzione fu «an extraordinary concert of Music both vocal and instrumental of these own compositions, viz., several solos for violin never performed before».

Qualche anno dopo il musicologo Charles Burney scrisse:  

Veracini, che allora era considerato il più grande violinista d'Europa, eseguì sinfonie tra gli atti, all'opera, subito dopo il suo arrivo, e in aprile tenne un concerto di beneficenza nella sala di Hickford. Le sue composizioni, tuttavia, erano troppo selvagge e volubili per il gusto degli inglesi di quel periodo, quando consideravano le sonate di Corelli come modelli di semplicità, grazia ed eleganza nella melodia e di correttezza e purezza nell'armonia. In effetti, la musica non strumentale veniva ascoltata con uguale piacere dagli ignoranti e dai dotti, o imitata più da vicino dai successivi compositori per violini. I suoi assoli e concerti continuarono ad accrescere la sua fama, e furono considerati inimitabili, fino all'arrivo di Geminiani, che sebbene Corelli fosse stato uno dei suoi maestri, e di cui parlava sempre con riverenza, tuttavia, dotato di una mano più potente, una modulazione più audace e uno stile meno simmetrico, si fece avanti intrepidamente e convinse il mondo della musica che Corelli aveva lasciato ai suoi discepoli un dominio che era ancora capace di una maggiore coltivazione e miglioramento.

Fu così che Veracini già l’anno successivo lasciò Londra per Düsseldorf: lo troviamo poi a Venezia e infine Dresda:

alla corte di Friedrich August I re di Polonia ed elettore di Sassonia12 come virtuoso e compositore di camera con un compenso di 1200 talleri, eguale a quello del Kappelmeister Jean-Baptiste Volumier, ma inferiore a quello dei cantanti italiani che operavano nella stessa corte, ad esempio dei 7000 talleri che percepiva il famoso Senesino. Qui operava la migliore orchestra d’Europa dell’epoca, della quale facevano parte anche musicisti italiani. Ben presto le rivalità e le gelosie dei musicisti locali e soprattutto i suoi contrasti con il direttore dell’orchestra Johann Georg Pisendel (1721-1755), lo amareggiarono profondamente e la penosa vicenda che ne seguì è riportata in tutte le biografie. Pisendel, intenzionato ad umiliare Veracini, contro ogni regola morale, fece studiare alla perfezione un suo concerto a uno dei più mediocri ripienisti della sua orchestra, quindi, secondo l’uso del tempo, portò entrambi di fronte al re e chiese loro di eseguirlo. Veracini lo eseguì correttamente ma la sua esecuzione, in confronto a quella del violinista, non fu così brillante e il giudizio gli fu sfavorevole. L’inganno, l’umiliazione e la paura che il suo rivale volesse ucciderlo furono forse la causa (ma alcuni ne dubitano) che lo spinsero verso una grave depressione e, «dans un accès de fièvre chaude», il 13 agosto 1722, a tentare il suicidio gettandosi da una finestra del terzo piano; sopravvisse ma, a causa delle ferite ai piedi e all’anca, restò claudicante per il resto della sua vita.

Geminiani rimase invece a Londra e nel 1716 pubblicò la sua prima raccolta: 12 sonate per violino e basso continuo Op.1 a cui seguirà nel 1739 una seconda raccolta, l’Op.4.

Nel 1725 entrò a far parte della massoneria e contribuì alla formazione della loggia Philomusicae et archtecturae societas e tra le sue prime attività vi fu quella di aprire una sottoscrizione per ripubblicare la celebre raccolta di Corelli Op.5 in una sua versione in forma di concerti grossi (1726).

Da allora in poi la fama di Geminiani non solo si legò a filo doppio a quella di Corelli, di cui pubblicò una selezione dell’Op.3, sempre in forma di concerto grosso, ma consentì al compositore di ripubblicare le sue opere, spesso arricchendole di dettaglio o trascrivendole, come fece con le sue sonate per violino Op.4 che nel 1743 trasformò in Concerti.

Quando tra il 1758 e il 1762 Veracini, ormai giunto alla fine della sua carriera scrisse Il trionfo della pratica musicale, trattato dedicato ‘ai giovani studiosi di musica’ non esita a criticare questo atteggiamento di Geminiani, definito ‘rifriggitore’ anche per aver plagiato a suo dire alcune composizioni di Carlo Ambrogio Lonati e il cui nome viene anagrammato in Sgranfione Miniacci per sottolinearne l’abitudine di sgraffignare le altrui idee musicali.

Quando però Veracini tornò a Londra tra il 1733 e il 1745 come direttore del King’s Theatre e come operista il pubblicò trovò il suo stile vecchio e superato. Il suo ritorno in Italia fu sventurato: la nave su cui era imbarcato fece naufragio e il compositore perse i suoi due preziosi violini Steiner che chiamava San Pietro e San Paolo. Amareggiato, rimase in Toscana per il resto dei suoi giorni e la sua ultima esibizione pubblica fu quella del 5 novembre 1766 quando eseguì un concerto per violino per l’onomastico del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo.

Veracini pubblicò solo tre libri di sonate per violino nel 1716 a Venezia, nel 1721 a Dresda e poi Londra, nle 1744 a Londra, Geminiani attraverso le sottoscrizioni e le ripubblicazioni fu molto attento alla qualità delle sue pubblicazioni e del loro contributo alla sua fama.

Nel 1776, quattordici anni dopo la sua morte, The Gentleman’s Magazine and Historical Chronical fece uscire un articolo non firmato dal titolo ‘Scale to Measure the Merits of Musicians’ nel quale il valore di ventiquattro musicisti viene misurato secondo otto parametri in una scala da 1 a 20: originalità delle melodie e delle melodie altrui, espressione, sapienza, correttezza, esecuzioni, opere pubblicate o note. In questa lista Geminiani è secondo in quasi tutte le categorie solo a Corelli – morto nel 1713 -e a Händel. Di Veracini a otto anni dalla morte e oltre trenta dalla sua ultima esibizione londinese non era rimasta memoria, se non nelle cronache di Charles Burney:

Francesco Maria Veracini e Tartini, suo contemporaneo, erano considerati i più grandi maestri del loro strumento che fossero mai apparsi; e le loro capacità non si limitavano semplicemente all'eccellenza della loro esecuzione, ma si estendevano alla composizione, in cui entrambi manifestavano grande genio e scienza. Ma qualunque somiglianza ci potesse essere stata nell'abilità professionale di questi due maestri, era impossibile che due uomini potessero essere più dissimili nella disposizione: Tartini era così umile e timido, che non era mai felice se non nell'oscurità; mentre Veracini era così scioccamente vanaglorioso da vantarsi spesso che ci fosse un solo Dio e un solo Veracini. […]

Come compositore aveva certamente una grande dose di capriccio e stravaganza, ma costruiva i suoi capricci su una buona base, essendo un eccellente contrappuntista. Le peculiarità della sua esecuzione erano il suo gioco d’arco, il suo vibrato, i suoi arpeggi eruditi e un suono così forte e chiaro che poteva essere udito distintamente attraverso la più numerosa compagine in una chiesa o un teatro. Veracini e Vivaldi ebbero l'onore di essere considerati pazzi per aver tentato nelle loro opere e nella loro esecuzione ciò che molti gentiluomini sobri hanno fatto da allora indignati; ma entrambi questi musicisti, essendo dotati di più fantasia e più mano dei loro vicini, furono considerati pazzi; come Bacone, per la scienza superiore, fu ritenuto un mago e Galileo un eretico.

VERACINI E GEMINIANI: due violinisti a confronto

 Francesco Xaverio Geminiani (1687 - 1762)

Sonata per violino e basso continuo Op.4 n.8 in Re minore (1739) H.92 *

I.Largo - II.Allegro - III. Sarabanda - IV. Allegro assai

Francesco Maria Veracini (1690 -1768)

Ouverture n.6 in Sol minore per [due flauti], due oboi, fagotto, archi e continuo (1716)

I. Allegro – II. Adagio – III. Allegro – IV. Minuetto

F.X. Geminiani

Concerto grosso Op.7 n. 6 in Sib maggiore (1746) H.120

I. Allegro moderato – Andante II. Adagio III. Affettuoso-Adagio - IV. Allegro moderato V. Andante VI. Adagio – Allegro assai-Adagio VII. Presto

F.M. Veracini

Sonata accademica Op.2 n.5 in Sol minore (1744) *

I.Adagio assai - II. Allegro assai (Capriccio a due Soggetti) – Adagio - III. Allegro assai - IV.Giga

Fuga a quattro soggetti in Re minore IFV 4

F.X. Geminiani

Concerto grosso Op.3 n.6 in Mi minore (1732-1755) H.81

I. Adagio e Staccato II. Allegro – Adagio III. Adagio IV. Allegro

 *GLI ADRIARMONICI

Enrico Mazzucca, violino e concertazione

Valentina Ghirardani, secondo violino concertino - David Dell’Oro, violoncello concertino

Adriana Armaroli, basso continuo - Giuseppe Barbareschi, contrabbasso

ENSEMBLE HORNPIPE

Clarice Zdanski, Alessandra Bombelli, flauti – Traci MacKenzia, Silvia Canavero, oboi

Dominika Szoke, fagotto - Ernesta Gandini, Silvia Canavero, Eric Confalonieri, violini

Luca Vonella, Eugenia Buzzetti, viole - Teresa Majno, violoncello – Massimiliano Confalonieri, contrabbasso